LA NUOVA CODIFICA DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE IN ITALIA INCLUDE ADESSO ANCHE I “SERVIZI SESSUALI”. QUESTO HA RILEVANZA SUL PIANO FISCALE, IN QUANTO CONFIGURA UFFICIALMENTE UNA ATTIVITÀ COMMERCIALE. MA INDUCE UNA NUOVA VISIONE SOCIALE DELLA PROFESSIONE CONSIDERATA TRA LE PIÙ ANTICHE AL MONDO.
La classificazione ISTAT delle attività economiche (in sigla: ATECO) tra le “Attività di servizi alla persona”, ha inserito il codice 96.99.92 che riguarda “Servizi di incontro ed eventi simili”. Nelle note esplicative della classificazione, insieme all’organizzazione di feste e cerimonie, ed ai servizi di cura degli animali da compagnia, sono incluse:
- “attività connesse alla vita sociale, ad esempio attività di accompagnatori e di accompagnatrici (escort), di agenzie di incontro e agenzie matrimoniali;
- fornitura o organizzazione di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione”

Adesso dunque anche sex worker ed escort (di cui abbiamo parlato in un precedente post), e chi organizza le nuove versioni degli antichi “bordelli”, possono regolarmente iscriversi alla Camera di Commercio, con il loro specifico codice.
Allo stesso modo delle altre attività commerciali, di pubblicità, ricerche di mercato, pubbliche relazioni e comunicazione, attività di investigazione e vigilanza, che un codice per iscriversi l’avevano già.
Come tutti i buoni cittadini, anche “i lavoratori del sesso” devono pagare le tasse, perché tutti devono contribuire al benessere sociale e ai servizi pubblici assicurati dalle entrate fiscali. A prescindere da che cosa viene venduto. Lo Stato incassa ampie somme dalle scommesse (ufficiali) come lotto e lotterie, da chi fuma o si ubriaca. Perché non dovrebbe farlo da chi vende il proprio corpo?
Il problema è che in Italia la vendita del sesso su cui lo Stato pretende le tasse è stata dallo stesso Stato definita illegale ed è punita dal codice penale.
Le “case di tolleranza”, la cui logica adesso si sta reintroducendo, erano state dichiarate fuori legge nel 1958 da una norma dello Stato tuttora in vigore. Con la motivazione di proteggere le donne dallo sfruttamento del loro corpo, peraltro subito frustrata dallo spostamento del commercio in luoghi peggiori.
La nuova codifica regolarizza non soltanto chi si prostituisce ma anche l’organizzazione di servizi sessuali, e la gestione di attività che possono rientrare nello sfruttamento della prostituzione (“organizzare o dirigere, traendone profitto, la prostituzione altrui”) punito con la reclusione da quattro a otto anni e multe fino a 25mila euro.
Insomma, si regolarizzano a fini fiscali attività che costituiscono reato. Ma appare ingiusto che la multa per il reato si aggiunga alle tasse che dovrebbero essere pure pagate in base alla nuova codifica…
I diversi ministeri dell’economia e della giustizia si sono accorti del problema? O si tratta dell’ennesima dimostrazione che la coerenza non è più una virtù praticata nel vostro mondo terrestre?
Qualcuno dirà che vendere sesso non è più pericoloso per la salute pubblica che vendere superalcolici o tabacco, su cui lo Stato ha addirittura il monopolio.
Ci si può chiedere se la legalizzazione della vendita di prestazioni sessuali sia un primo passo per poi riconoscere ai fini fiscali altre lucrose “intermediazioni”, come lo spaccio di droga o il racket del pizzo. O addirittura le tangenti tanto diffuse per gli appalti pubblici che da molti sono considerate un costo fisso aggiuntivo.

Tassare gli spacciatori e gli estortori risanerebbe certamente le casse dello Stato. Ammesso che si riesca a convincerli ad emettere fattura… ma anche per chi esercita o organizza la prostituzione non sarà facile, nonostante la possibilità di “legalizzarsi” acquisendo il nuovo codice Ateco.
I miei superiori alieni sono molto perplessi di fronte a questi – apparentemente innocui – cambiamenti dei codici commerciali, ma anche voi terrestri fareste bene a preoccuparvi…
Comments are closed.