IL PIÙ RECENTE REPORT DELLE NAZIONI UNITE CONFERMA CHE NELLA VOSTRA TERRA LE NASCITE SONO IN CONTINUA DIMINUZIONE. E PER LA PRIMA VOLTA NEL DOPOGUERRA  LA POPOLAZIONE MONDIALE È CRESCIUTA MENO DELL’1% IN UN ANNO.

Questo avviene in molti stati europei, e in particolare in Italia nel 2022 la riduzione è stata del 3% rispetto all’anno precedente. Si è toccato un minimo storico: meno di 400mila nascite, a fronte di 713mila decessi, saldo negativo non compensato dai 230mila nati di origine straniera (di cui pure tanti si preoccupano).

Trend demografico in Italia negli ultimi 15 anni. Fonte: Istat, 2023

Altro dato di rilievo è che i (pochi) figli vengono fatti sempre più tardi, in tutti i paesi occidentali. In Italia in media il primo figlio arriva a 33 anni di età della madre. Secondo i sociologi incidono il ruolo lavorativo e sociale delle donne e la precarietà economica di molte coppie, ma anche lo scarso sostegno alla famiglia, per esempio alla conciliazione tra genitorialità e lavoro.

Però a fronte di questo trend comune in una parte del mondo, in altre parti le cose stanno molto diversamente.

In uno studio delle Nazioni Unite dal titolo “Madri bambine: la storia non detta”, nei Paesi meno sviluppati un terzo delle madri è bambina o adolescente e partorisce prima dei 19 anni. Le ragazze diventate madri prima dei 15 anni sono oltre 2 milioni. Le donne che hanno iniziato a partorire nell’adolescenza hanno avuto una media di quasi 5 figli prima di raggiungere i 40 anni.

E, ancora a monte, un altro fenomeno sconvolgente: secondo un rapporto Unicef, 640 milioni di donne tuttora in vita siano state date in moglie dalle loro famiglie durante l’infanzia: 12 milioni di ragazze all’anno. Un obiettivo di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite è di porre fine ai matrimoni infantili entro il 2030, e qualche progresso è stato compiuto. Ma in Asia meridionale – e specie in India – ancora oggi un quarto delle donne si sposano ancora minorenni. Un quinto nell’Africa subsahariana.

La direttrice dell’Unicef Catherine  Russell afferma: “Le crisi economiche e sanitarie, l’intensificarsi dei conflitti armati e gli effetti devastanti del cambiamento climatico, costringono le famiglie a cercare un falso senso di rifugio nel matrimonio precoce. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per garantire il loro diritto a un’istruzione e a una vita autonoma“.   

A seguito delle pressioni internazionali, diversi Paesi hanno introdotto leggi che vietano il matrimonio prima dei 18 anni; ma ancora prevalgono usi e costumi antichi, che è difficile scardinare. E le ragioni economiche e ambientali permangono, anzi peggiorano.

Questo mio rapporto meraviglierà i miei superiori alieni. Ma pare non toccare molti terrestri, che restano indifferenti considerandolo un fatto quasi normale.

È proprio questa indifferenza generale dei paesi più ricchi nei confronti di quelli più arretrati – a parte le dichiarazioni di principio poi disattese – che mantiene questa condizioni di squilibrio. Ma sulla indifferenza ho già scritto in un recente rapporto.

Nel mio pianeta alieno mi chiedono di capire meglio perché nel vostro mondo si assiste ad una globalizzazione finanziaria e soprattutto commerciale, allargando e uniformando il mercato dei consumi, mentre lo stesso non avviene con l’avanzamento di modelli culturali che riducono le disparità, per esempio di genere.

Ad esempio, perché l’economia globale propone e fa accettare in tutto il modo profumi, cosmetici, e strumenti informatici, mentre non si riesce a far accettare l’estensione di diritti essenziali come quelli alla parità di genere, all’istruzione, all’assistenza sociale. E a far sì che i bambini e le bambine vivano una infanzia che sia veramente tale e non una precoce e forzata età adulta.

Sembra una domanda scontata, e so bene che ci sono tantissimi scritti e studi per capire il problema e cercare di risolverlo. Ma se – come dimostra l’esempio delle nascite – gli squilibri restano enormi, resta ancora molto da capire e soprattutto da fare.