SCRIVEVA OMERO NELL’ODISSEA CHE GLI UMANI COSTRUISCONO IL MALE PER SÉ STESSI, E CHIAMANO ‘DESTINO’ LA PROPRIA STOLTEZZA. E CONCLUDONO CHE CONTRO IL DESTINO C’È POCO DA FARE, BISOGNA RASSEGNARSI.

Ma come avviene che tanti si rassegnino al loro destino senza reagire quando sono in tempo per farlo? E subiscono passivamente condizioni che poi vivono come malasorte inevitabile?

Noam Chomsky, in Media e potere, racconta una storia che fa riflettere su questo punto.

In una pentola pieno d’acqua fredda nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda lentamente. Presto diventa tiepida. La rana la trova gradevole e continua a nuotare. Ma la temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si affatica un po’, ma non si spaventa. L’acqua ora è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, e la rana finisce morta bollita.

Chomsky portava questo ad esempio della strategia di gradualità della violenza e della sopraffazione, in cui le vittime dapprima non si rendono conto di esserlo, e quando se ne accorgono è troppo tardi perché non hanno più la forza di reagire. E il “destino” avverso non c’entra nulla, perché qualcosa per non finire così potevano fare.

Tante vicende del vostro pianeta dimostrano la verità di questo esempio.

I regimi dittatoriali vengono accettati dalla gente perché promettono ordine e sicurezza, poi quando svelano il loro volto autoritario è difficile ribellarsi.

Chi presta denaro ad usura e chi chiede il pizzo per la protezione si presenta come aiuto a chi è in difficoltà, per poi strangolare le vittime incapaci di reagire.

Le crisi internazionali nascono da piccoli passi quasi inavvertiti, scaramucce spesso sottovalutate – come annessioni di territori marginali – che alimentano poi grandi fiammate di violenza e di morte.

Il riscaldamento globale alza la temperatura dei mari e dell’atmosfera in modo lento e impercettibile, come la pentola in cui sta la rana. Già ci stiamo accorgendo che a lungo andare gli esiti sono deleteri e distruttivi dell’ambiente e delle persone che lo abitano. Però, come la rana, le potenziali vittime pensano ancora che il livello di guardia sia ancora lontano, e non fanno nulla per cercare i rimedi, finché i danni all’intero pianeta saranno irreparabili.

Allo stesso modo, il burnout sul lavoro cresce gradualmente da una stanchezza passeggera a uno stress insopportabile. Il mobbing distrugge le persone passo dopo passo, con soprusi sempre più gravi davanti a cui chi si è fatto mobbizzare – pensando che prima o poi sarebbe finita – si sente impotente.

Nei rapporti di coppia la violenza scivola lentamente verso punte estreme e distruttive, senza che la vittima si accorga di essere in trappola, se non quando non ce la fa più a far qualcosa per evitare l’epilogo estremo. Esempio tragico ne sono i tanti femminicidi esito di gelosie scambiate inizialmente per amore eccessivo.

Poi attribuire tutti questi esiti angosciosi e funesti al ‘destino’ è la via più semplice perché evita di responsabilizzarsi. È una negazione della realtà e della propria insipienza, proprio come diceva Omero.

La rana si può salvare accorgendosi in tempo che se la temperatura continua a salire c’è un pericolo in vista, la cui gravità non vede subito, ma che deve renderla accorta a fare qualcosa già quando il calore non è ancora opprimente e debilitante. E deve saltare fuori dalla pentola, prima di morire bollita in nella stessa acqua che sembrava piacevolmente tiepida.