DATI EUROSTAT RIFERITI AL 2021 DICONO CHE IN ITALIA QUASI 15 MILIONI DI PERSONE SONO A RISCHIO DI ESCLUSIONE SOCIALE. VUOL DIRE CHE NON POSSONO PERMETTERSI BENI MATERIALI O SERVIZI SANITARI O SOCIALI, VIVENDO AL LIMITE (O ANCHE AL DI SOTTO) DELLA SOGLIA DI POVERTÀ. SI TRATTA DI FAMIGLIE DEFINITE “A BASSA INTENSITÀ LAVORATIVA”. UN QUARTO DELLA POPOLAZIONE ADULTA ITALIANA.

L’Istat aggiunge dati ancora più sconvolgenti riguardanti il tasso generale di inattività lavorativa, salito al 34%. E in particolare, la disoccupazione giovanile resta al 24% (quasi uno su quattro!). Il 9,4 per cento dell’intera popolazione vive in povertà assoluta.

Dati molto gravi, che ad una visione superficiale sembrano contrastare con quello che constatiamo nella realtà.

Ristoranti, pizzerie, pub sono sempre pieni di gente che evidentemente si può permettere di mangiare e bere fuori (lo faceva notare, tempo fa, pure un noto presidente del Consiglio).

Gli aerei e i treni, una volta liberati dalle restrizioni per la pandemia, sono pieni (non solo di uomini d’affari o di stranieri o di lavoratori pendolari).

Il turismo fa registrare un grande revival, anche di italiani che girano il mondo. Viaggi e soggiorni in luoghi di mare o di montagna, e affascinanti crociere, sono “sold out” come dicono con piacere gli operatori del settore.

Aumentano continuamente gli abbonamenti che permettono di godersi film, serie televisive, e partite di calcio in diretta.

Le sale scommesse si moltiplicano, perché tanti possono permettersi di scommettere. E tanti lo fanno anche su internet, puntando anche somme consistenti.

Per strada circolano tanti SUV e costosi fuoristrada e meno utilitarie.

Per quanto riguarda i giovani (e non solo) cellulari, smartphone, e altri mezzi social vengono aggiornati continuamente agli ultimi modelli, sostituendo quelli considerati “obsoleti”.

Tutti segni di un benessere diffuso. Però questo benessere vale solo per tre quarti degli italiani (e per i loro figli), mentre l’altro quarto ne resta escluso… si parla di 15 milioni di persone, di cui oltre 5 milioni in povertà assoluta! Tutti cittadini ai quali il tanto contestato “reddito di cittadinanza” non basta per compensare, o non arriva del tutto.

Certo, può darsi che nelle percentuali ‘ufficiali’ di nuovi poveri ci siano anche quanti lavorano in nero o hanno entrate che nessuna statistica riesce a conteggiare. Tra i giovani disoccupati ci saranno pure tanti NEET (né studiano né hanno un lavoro né lo cercano) che continuano ad vivere a spese dei genitori in una, certo non povera, “adolescenza prolungata” – come la chiamano gli psicologi.

Poveri in riva al mare, by Picasso

Ma anche a scomputare qualcosa dalle statistiche della nuova povertà, restano comunque tanti, troppi, che davvero non arrivano a fine mese con le loro entrate. Non possono pagare le bollette della luce e del riscaldamento in continuo aumento. Rinunciano a cure ed esami sanitari perché non possono sostenere neppure i ticket. Comprano la spesa a credito, ed evitano le cose più costose. Non vanno al ristorante e neppure al bar. In televisione guardano quello che passa il convento, e si arrabbiano vedendosi invasi dalla pubblicità di beni di consumo che non potranno mai permettersi.  Ci sono casalinghe che preferirebbero lavorare per arrotondare il bilancio familiare, ma non trovano che lavoretti in nero spesso degradanti. Vedovi e vedove che abbinano la tristezza per la perdita del consorte al dover lesinare gli euro della pensione, che non basta più perché non regge l’inflazione galoppante. Lavoratori che hanno perso l’impiego, o lavorano solo part-time o come stagionali, mentre mangiare e riscaldarsi si deve sempre in tutte le stagioni. Emarginati e senza casa, che adesso neppure la cercano più. Tanti sono i “nuovi poveri” che non chiedono elemosine, ma con dignità si uniscono agli immigrati e ai senza tetto facendo la fila alle mense sociali. Tanto da far dire alla Caritas che è in corso una “normalizzazione della povertà”.

Che un quarto della popolazione stia in queste condizioni è indegno di un paese civile. Una economia che si basa sul lusso e sul superfluo mentre a molti manca il necessario è una economia da terzo mondo. Anche se questa economia si colloca fra i G8 dei ricchi del mondo, ma una ricchezza di cui sempre meno persone possono godere. E si mantiene a questi livelli proprio perché rinuncia a garantire le risorse essenziali a chi ne ha bisogno, affidandosi a provvedimenti di facciata che non cambiano i tristi dati di fatto. Il fatto che la diseguaglianza sociale sia tipica di tutto il mondo, non attenua la responsabilità dei singoli paesi.

Nei periodi elettorali questo tema economico entra solo di traverso, perché i nuovi poveri magari non votano o votano come qualcuno suggerisce loro, fidandosi di chi promette benessere per tutti. Ed è facile promettere a chi non ha niente e illuderli che qualcosa cambierà.

Vedremo dalle statistiche tra qualche anno se le promesse saranno state mantenute. Se l’occupazione (dignitosa) aumenterà, e se le nuove povertà diminuiranno. Altrimenti poveri e disoccupati dovranno aspettare nuove elezioni e nuove promesse…