ANCORA UNA GUERRA. PREANNUNCIATA DA TEMPO, ATTESA E TEMUTA. MA NESSUNA DIPLOMAZIA E’ RIUSCITA AD IMPEDIRLA.
In un rapporto precedente, ripensando all’odio e ai conflitti che dominano il vostro mondo fin dalla preistoria, parlavo di un ancestrale impulso ad eliminare chi si oppone al desiderio di potere e di dominio.
Ricordavo che i governanti potrebbero invertire la tendenza all’odio e all’inimicizia, collocandosi ‘super partes’. Cioè al di sopra dei partiti, nazionali e internazionali, che si scontrano perché rappresentano ognuno i propri interessi. La infinita storia di guerre che insanguinano il pianeta dimostra invece che sono proprio i governanti che scatenano i conflitti, per interessi che non corrispondono a quelli dei popoli che governano.
Le guerre – scriveva Pablo Neruda – sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi … per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono”.
La subdola connivenza di interessi, soprattutto economici, tra i capi delle nazioni non riesce mai ad impedire che altri capi facciano ciò che la comunità mondiale proclama solennemente che non dovrebbero fare.
E impongono “sanzioni” che sanno bene essere inefficaci, perché devono essere tenute nei limiti da non ostacolare gli affari che devono continuare, anche con chi si condanna a parole.
La guerra scatenata nell’Europa orientale mi costringe a riprendere il discorso, per rispondere ad una domanda dei miei superiori alieni. Come è possibile che sulla Terra decisioni così importanti come scatenare una guerra e ordinare stragi possono essere prese da una sola persona? Un “capo” o führer (condottiero!) trascina nelle sue decisioni un intero popolo, che poi ne paga le conseguenze. La storia è piena di esempi, dagli antichi egiziani e persiani, dagli imperatori romani a Napoleone e a tutti i loro emuli moderni, fino al nuovo zar del popolo russo.
Una persona che decide per tutti, insieme al proprio ristretto “cerchio magico” (sempre consenziente), e ai propri generali, sempre pronti a mostrare sul campo la loro forza. E, nel mondo contemporaneo, col sostegno delle industrie delle armi (sempre pronte a venderle).
È vero che nelle nazioni democratiche questo potere non è assegnato ad una sola persona. Infatti in genere questi stati entrano in guerra per difendersi e non per attaccare, a differenza da quelli governati da duci, o dittatori, o imperatori… Però anche nelle democrazie si annida sempre una parte di cittadini che preferirebbero sostituirle con un capo assoluto, con un “uomo della provvidenza” che decide tutto per tutti. È successo più volte, e sempre con esiti disastrosi.
La domanda è: perché i popoli non riescono ad impedire i drammi di cui sono vittime per colpa di un “despota”? anzi spesso cercano proprio questa persona forte a cui delegare le decisioni, accettandole senza discuterle, e accettando pure che chi contesta il “despota” venga censurato o esiliato o fisicamente eliminato?
Il dizionario spiega che il termine “despota” si riferisce a chi governa con potere assoluto e arbitrario, abusa della propria autorità e pretende di essere ciecamente ubbidito.
Ho cercato di capire perché i popoli delegano a dei “despoti” la loro libertà e la loro stessa vita, che è messa a rischio da chi decide per loro conto (ma non a loro vantaggio!).
Scriveva nel 1840, quasi due secoli fa, Alexis De Tocqueville: “Quando provo ad immaginare in quale sembiante il dispotismo apparirà nel mondo, vedo una folla immensa di uomini tutti simili, che girano senza posa su se stessi per procurarsi i piaceri piccoli e volgari di cui nutrono la propria anima. Ognuno di loro considerato in sé è come estraneo al destino di tutti gli altri”.
Il dispotismo apparve presto nel mondo (in realtà c’era già stato fin dalle origini, ma consideriamo solo quello recente). Dopo Tocqueville ci fu lo zarismo, poi Stalin, Hitler e Mussolini e tutti gli altri che in decine di paesi di tutti i continenti hanno realizzato un dispotismo di stato, con conseguenze deleterie per le loro popolazioni e per quelle di altri popoli vicini e lontani.
E’ chiara la causa di fondo su cui ogni dispotismo si fonda, e dalla quale parte per diventare dittatura: il disinteresse verso il destino comune da parte della popolazione, o almeno della maggioranza di essa, che lascia in minoranza impotente chi vorrebbe ribellarsi. Ognuno pensa a se stesso per appagare i propri bisogni elementari – più o meno “volgari” come li definiva Tocqueville – senza preoccuparsi dei bisogni condivisi con gli altri, considerati rivali, estranei e non coinquilini della stessa terra.
Allora ecco il bisogno di un “uomo forte”, o di un regime forte, al potere. Basta che questi assicuri, o anche solo prometta, che darà a tutti la possibilità di appagare i ‘piccoli desideri’: possedere i beni che il consumismo può indurre a desiderare e consentire di ottenere.
Panem et circenses, assicuravano i romani per garantirsi il consenso del popolo. Oggi si direbbe: cibo e sport, con un condimento di tecnologia. Non disturbati da scioperi e disordini, perché l’uomo forte saprà assicurare la sicurezza e la tranquillità sociale. Così tutti si sentiranno garantiti e delegheranno al ‘regime’ tutto il resto, guerre comprese.
Questi “ben pensanti” non si accorgono che i ‘piccoli desideri’ appagati sono ben poca cosa a fronte del vero benessere, che si basa su desideri ben più importanti e profondi. Come la giustizia, la libertà, e la pace. E la vera pace si fonda su una vita libera in un mondo giusto. Non può essere – come diceva un personaggio di Schiller ad un re che voleva farsi despota – “la pace dei sepolcri”…
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