DA QUALCHE SETTIMANA È STATA ABOLITA IN ITALIA LA CENSURA SUI FILM. E’ STATA SOSTITUITA DA UNA “COMMISSIONE DI CLASSIFICAZIONE” DELLE OPERE PER SEGNALARE CHE SONO ADATTE SOLO A CERTE CATEGORIE DI PERSONE.
MA TANTE CENSURE RESTANO. SONO OSTACOLI ALLA LIBERTA’? SONO NECESSARIE? VENGONO SOLO DA AUTORITÀ ESTERNE, O GLI UMANI SONO SOGGETTI ANCHE AD AUTO-CENSURARSI?

Nel vostro pianeta non tutto quello che si pensa si può dire. Questo impedisce la libertà?

Walt Disney, il grande produttore di film per bambini e adulti che vogliono tornare bambini, scrisse che la libertà è poter “scegliere quello in cui credere, e leggere, pensare e dire quello che si vuole”. Non si è spinto ad aggiungere “fare” quello che si vuole, perché questo sarebbe spesso contro la morale e qualche volta contro la legge. In effetti non esisterebbe convivenza sociale se ognuno fosse libero di fare quello che vuole (qualcuno pretende di farlo, ed è un problema fermarlo o punirlo…) La “sicurezza”, di cui tanto si parla, sta proprio nel sapere che qualcuno si occupa di impedire che tutti facciano ciò che vogliono. Che poi ci riesca è un altro discorso, che è meglio rimandare questo argomento per non creare … insicurezza.

Invece è il caso di fermarsi a riflettere sul fatto che si possa impedire di “dire” (almeno pubblicamente) quello che si vuole.

La “censura” sui mezzi di comunicazione si può applicare ai contenuti violenti, offensivi, o palesemente falsi per indurre in errore o a comportamenti sbagliati. Questa è una censura giusta, da applicare anzi con rigore, specie sui social media dove gli idioti e i razzisti di ogni specie approfittano dell’anonimato per assaltare e insultare chi non la pensa come loro. O da applicare a chi diffonde e commercia materiali proibiti, per esempio immagini e video di bambini usati come oggetti sessuali.

Invece la censura “censurabile” è quella che, per ragioni morali o politiche, blocca opere del pensiero o dell’arte o commenti critici o ironici verso la morale o il potere dominante.

In certi regimi e in certi tempi si è arrivati a bruciare i libri censurati, e qualche volta anche il loro autori. Ancora oggi in molte parti del pianeta, vengono censurati (cioè si impedisce di pubblicarli) libri, poesie, prodotti artistici, perché offensivi della ‘morale’ o in alcuni casi della politica, s’intende della morale e della politica che prevale in quel luogo e in quel tempo. Alcune religioni impediscono di scrivere cose contrastanti la religione stessa.

Libri censurati bruciati in piazza, Berlino 1933

Ma c’è ancora un altro tipo di censura, che proviene addirittura dall’interno delle persone. È una teoria dei vostri psicologi, chiamata psicoanalisi, che ce lo suggerisce. Le persone possono essere indotte fin da piccole dalla cosiddetta ‘buona’ educazione, a inibire pensieri e parole contrarie alla morale corrente. E la cosa più grave è che questa repressione può avvenire anche ‘inconsciamente’, cioè senza rendersene conto, e il contenuto censurato non è accessibile neppure a chi potrebbe pensarlo. Anche se – strano a dirsi – resta dentro in una parte recondita della mente e può venire fuori in altra forma. Può emergere in un sogno, e allora si va da uno psicoanalista per farselo spiegare: soluzione possibile anche se spesso lunga e costosa. Ma può provocare anche un “acting out”: vuol dire che viene fuori in maniera incontrollata e potenzialmente molto pericolosa, specie se il contenuto censurato era aggressivo o sessuale (o entrambe le cose insieme).

La censura dentro di noi

Insomma, quando si chiede di abolire la censura per ripristinare la libertà, bisogna precisare di quale tipo di censura si parla.

C’è una comunicazione distruttiva e quella deve essere bloccata, cancellando sui social i post violenti e chiudendo gli account di chi se ne serve per insultare o istigare al crimine.

C’è una censura che blocca opere che favoriscono l’apertura della mente, anche se critiche e controcorrente rispetto alla cultura o alla morale o al potere predominante.

E c’è una censura interna alle persone che inibisce la creatività e la libertà senza che la persona stessa se ne renda conto. E crea degli automi ossequienti delle regole sociali interiorizzate, anche quando non sono per niente utili al progresso degli individui e della società.

Quindi è giusto “bannare” chi diffonde sciocchezze o insulti sui social. Ma sarebbe meglio consentire a tutti (compresi se stessi) di esprimere quello che si pensa riguardo a problemi importanti per la vita sociale. E magari controbattere con gli argomenti opportuni le idee e le parole che non si condividono.

So che tanti vostri filosofi e artisti l’hanno detto, ma sono stati… censurati – o ignorati, che è ancora peggio!