STARE A CASA DURANTE UNA EPIDEMIA COSTRINGE A VIVERE DIVERSAMENTE IL TEMPO RISPETTO A COME SI ERA ABITUATI: CHE SIA UN’OCCASIONE PER RISCOPRIRE IL TEMPO GIUSTO?
Questa settimana ho pensato di impiegare il mio tempo per cercare, nella memoria dei libri pubblicati nel vostro mondo, proprio cosa si dice del “tempo”. Ho trovato citazioni interessanti da cui prendere spunto, e le trascrivo in questo rapporto che come al solito vi faccio leggere prima di mandarlo ai miei superiori nel mondo alieno da cui provengo.
Anzitutto un concetto che viene dalla filosofia e dalla scienza, da Bergson a Einstein: il tempo “vissuto” è diverso da quello segnato dagli orologi. E spesso il secondo, quello “reale”, va a scapito del primo, il tempo che sentiamo scorrere, o fermarsi, dentro di noi. E per misurare questo ci vorrebbero ben altri cronometri…
Diceva Gandhi: “Voi occidentali, avete l’ora ma non avete mai il tempo”, e Erich Fromm: “Nella società industriale, il tempo domina sovrano”. Questo concetto è molto diffuso: in gran parte del vostro mondo si ritiene che “il tempo è tiranno”. È forse tra i pochi tiranni rimasti in tempo di diffusa democrazia. Quasi tutti, di tutte le età e i ceti sociali, ne subiscono l’oppressione, e ad alcuni addirittura sembra un mezzo per “vivere intensamente” perché “fermarsi è come morire”.
Avete una fretta perenne nel fare le cose quotidiane: sveglia presto la mattina, funzioni fisiologiche accelerate, veloce toeletta, superveloce colazione, corsa ad accompagnare a scuola i figli, altra corsa per arrivare sul posto di lavoro, cartellino da timbrare con l’ora e il minuto, lavoro sempre di premura (tutto va fatto all’istante, urgentemente), pranzo spedito senza masticare troppo perché la pausa è limitata, rapida ripresa lavorativa mentre si sarebbe preferito un sonnellino, altro timbro sul cartellino con ora e minuto, ritorno a casa con la velocità compatibile col traffico (perché quasi tutti smettono alla stessa ora), imprecando alla lentezza e ai ritardi dei mezzi di trasporto, cena veloce quanto il pranzo perché poi c’è il cinema o il teatro o la palestra serale, o queste cose insieme… e lo chiamate “tempo libero”!
L’orologio che si porta al polso per segnare l’ora del tempo esterno diventa liquido e non riesce più a seguire il tempo interno… come scriveva Kafka “gli orologi non vanno d’accordo, quello interiore corre a precipizio in un modo diabolico o demoniaco o in ogni caso disumano, mentre quello esterno segue faticosamente il solito ritmo”.
Si comincia da bambini: genitori che fanno tutto velocemente inducono nei loro figli la stessa smania impaziente di fare tutto presto: scuola al mattino, che richiede anch’essa di ritmi incalzanti (chi resta indietro è perduto!), poi compiti a casa, lezione di musica o danza o altro sport più o meno agonistico, visita dal dentista, videogiochi dove vince chi finisce prima, chat continua, e chi più ne sa più ne faccia. Senza fermarsi mai, come la trottola che quando si ferma finisce per terra (e questo bisogna evitarlo, se la trottola è una persona può farsi male!).
Se poi il bambino fa proprio questo stile di vita veloce e fa tutto come se fosse sempre una gara a tempo, passa da una cosa all’altra senza fermarsi su niente, è sempre agitato e accelerato, perde la motivazione per attività che non gli danno un rinforzo immediato, finisce per beccarsi una diagnosi di “iperattività”: una società che produce questo stile di vita lo etichetta come patologico quando lo vede concretizzato nei suoi figli. Un paradosso, che magari viene spiegato ai genitori come prodotto della genetica, dimenticando che la maggior parte di quanto è iscritto nei geni in realtà poi è attivato dalla stimolazione sociale. In realtà, “il tempo è un gioco, che i bambini sanno giocare bene” diceva sapientemente Eraclito che pure non era pedagogista e credo neppure genitore. Eppure gli adulti insegnano presto ai loro piccoli che il tempo non è un gioco ma una cosa seria, un vuoto da riempire continuamente di attività perché alla fine si esaurisce e ci esaurisce, e questo non si può permettere.
La frenesia temporale che rende il vostro tempo “tiranno” è davvero sconvolgente. Guardando dall’esterno come da alieno posso fare, si resta interdetti da quante cosa perdete senza accorgervene, facendo tutto e sempre di fretta. E il tempo per voi stessi? Per fare una cosa alla volta, senza il “multitasking” che sembra essere il vanto della vostra modernità? Per rilassarsi al sole, o godersi un tramonto, o guardare la pioggia che ticchetta sul vetro, o ascoltare una musica senza fare altro? Per chiacchierare con un amico, o scrivergli una lettera che non sia il solito whatsapp di poche righe veloci? Per giocare in modo calmo e sereno? Per fermarsi a pensare?
“Non abbiamo tempo per dedicarci un po’ di tempo” scriveva Ionesco.
Poi, forse nel fine settimana… forse in vacanza… ma anche i fine settimana sono frenetici perché bisogna fare le cose che non si sono potute fare durante gli altri giorni. E le vacanze sono spesso altrettanto frenetiche, fra ritardi, intoppi disguidi e altri stress. Qualcuno prende la vacanza come un lavoro da fare senza soste, e certi luoghi di cosiddetto “riposo” assecondano questa frenesia: fitness e palestra, lezioni di sport sconosciuti e complicati, nuoto accanito o passeggiate veloci tra balzi e dirupi, giochi di società, serate danzanti, il tutto in sequenza rapidissima e senza pause intermedie per prendere fiato. Si arriva la sera talmente stanchi di correre tra una attività e l’altra che si finisce per rimpiangere il luogo di lavoro, dove almeno qualche pausa caffè ogni tanto si fa. Esagero? Forse, ma non tanto…
L’impressione che ho guardando come vive il vostro mondo, almeno nell’occidente, è che tanta gente corre sempre senza sapere qual è la meta, e si ferma solo quando è costretta da incidenti, o da malattie, o da quella immortale signora che mette fine alla corsa annullando il tempo nel riposo eterno.
Secondo Seneca “non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto”.
Adesso ci voleva un virus per costringere tutti a cambiare ritmo, a fermarsi un po’. E tanti si chiedono come far passare quel tempo che prima scorreva senza neppure accorgersene.
Forse è l’occasione buona per imparare a gestire il tempo diversamente, anche quando il blocco sarà finito.
Capiremo come ascoltare il tempo interiore, al di là di quello che l’orologio segna, che riprende e riconosce il passato, e che ci fa programmare il futuro: eviteremo che il passato ci ossessioni con ricordi inconsci e ci mandi in depressione, e che il futuro sconosciuto ci faccia entrare in ansia. È quello che si definisce “mindfulness” e che la filosofia orientale conosce e applica da secoli: vivere pienamente il tempo presente, fermando l’attimo fuggente. Come chiedeva Faust per vivere una vita davvero piena, sottratta alla tirannia del tempo. E come suggeriva Robin Williams nei panni del professor Keating nel film intitolato nella versione italiana proprio “L’attimo fuggente”: “Ragazzi cogliete l’attimo, rendete straordinaria la vostra vita!”
Capiremo così “perché il tempo vola e perché la felicità è un lampo, e quando ci annoiamo le ore non passano mai”, come dice il titolo del bel libro di Alan Burdick che guida in un affascinante viaggio nel mondo del tempo.
Riguardo ai rapporti con gli altri, capiremo – e magari potremo attuare, quando il distanziamento forzato non ce lo impedirà più – ciò che Kafka scriveva nelle lettere a Milena: “domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poche per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi”. Il tempo lento della vera comunicazione, che non è emettere e ricevere profluvi di parole (o messaggi, o mail, o whatsapp) ma avere tempo per capire empaticamente chi è l’altro, cosa può darmi, cosa posso dargli.
La pausa forzata, cui il virus costringe, dà la possibilità di imparare che i tempi lenti sono forse non meno produttivi di quelli frenetici cui siamo abituati (chi è stressato dalla fretta produce di meno e peggio). Ma i tempi lenti fanno vivere più serenamente, come in molti luoghi del vostro mondo ancora avviene, con meno malattie e una vita più lunga. Opportunità di sperimentare un modo di vivere nel tempo che consenta di far sì che la vita non sia un tempo sprecato.
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