IL PRECEDENTE POST RICORDAVA CHE SUGLI STESSI FATTI POSSONO ESSERCI VERITA’ DIVERSE. E SUGGERIVA DI CERCARE PIÙ FONTI PER CONFRONTARE LA PLAUSIBILITÀ DI UNA O L’ALTRA VERSIONE DEI FATTI. UN LETTORE MI SEGNALA COME ESEMPIO UN CASO DI DOPPIA VERITA’, IN CUI QUELLA UFFICIALE VIENE SMASCHERATA DA ALTRE TESTIMONIANZE DIRETTE.
Ad una importante manifestazione artistica è invitato un ministro, il cui intervento viene contestato dal pubblico, e la contestazione è documentata da diversi video diffusi sui social. Ma nella ripresa trasmessa dalla televisione di Stato i fischi e i “buu” sono stati sostituiti da applausi.
Prescindiamo dal rimpallo di responsabilità su chi abbia attuato la manipolazione, per non scontentare il politico e il governo che rappresenta. Il caso resta un esempio di come la tecnologia possa modificare, o addirittura invertire, la realtà dei fatti e propinarci una verità che non è quella “reale”.
La falsificazione dei fatti, quando vengono divulgati e commentati, è sempre esistita. Forse già nell’età della pietra i graffiti rappresentanti cacciatori che sconfiggono le belve alteravano la realtà non sempre favorevole ai cacciatori. Gli storici antichi (e anche quelli moderni) abbelliscono e giustificano fatti negativi, o al contrario accusano personaggi famosi di nefandezze per screditarli. Certi dati vengono occultati, per esempio i diffusi maltrattamenti dei bambini nel periodo del medioevo cristiano, la pedofilia di molti educatori del passato e di oggi, lo sfruttamento degli immigrati da parte di chi apertamente propone di cacciarli. I fatti sono così rappresentati ben diversamente.
I politici reagiscono alla diffusione di loro interventi contestati, sostenendo di non aver detto ciò che è riportato, o – se le prove sono inconfutabili – di essere stati fraintesi, perché volevano dire altro.
Finché, come nella famosa novella di Andersen sui vestiti nuovi dell’imperatore, la verità costruita per convenienza e subìta con acquiescenza da masse di persone, non viene svelata da qualcuno che si basa sui fatti dimostrati e non sulle opinioni diffuse. Così un bambino ingenuamente grida che “il re è nudo” mentre tutti (re compreso) fingono di non accorgersi che gli abiti meravigliosi preparati da sarti imbroglioni in realtà non esistono. Il finale della favola è però pessimistico, perché il re continua a passeggiare nudo facendo finta di nulla, e tutti continuano ad applaudire la bellezza di abiti inesistenti.
Scriveva Brecht: “Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai … Non credono ai fatti, credono solo a se stessi. Se occorre, tanto peggio per i fatti…”
I “Nomadi” hanno ripreso la favola di Andersen in un brano musicale che potete ascoltare nei “Suggerimenti” che popolano questo sito.
Il re è nudo ma il re non lo sa,
lui cammina tra la gente e saluta sorridendo
il re è nudo ma la verità è che al re piace giocare con il suo scudo spaziale
il re è nudo ma la verità è che nessuno lo può dire a sua maestà.
Ma noi siamo più ottimisti di Andersen. E restiamo in attesa che qualcuno, spontaneo come un bambino, non si pieghi alla maggioranza che si lascia ingannare dalle manipolazioni, e sveli la sua “verità”…
Se fischi erano, fischi siano e non applausi. E forse qualche re si convincerà che è meglio accettare la realtà anziché continuare a restare nudi.
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