UNA FAMOSA “INFLUENCER” È STATA ACCUSATA DI PERSEGUIRE INTERESSI COMMERCIALI PERSONALI ANCHE QUANDO PROMUOVEVA OPERE BENEFICHE.
PURE ACCUSATO DI TRUFFA È UN (FINTO?) INFLUENCER CHE HA CONVINTO UN PRODUTTORE ABRUZZESE A CONSEGNARGLI 72MILA ARROSTICINI DEL VALORE DI QUASI 30MILA EURO PER PROPAGANDARLI ALL’ESTERO, E POI È SCOMPARSO CON L’APPETITOSO BOTTINO.
IL DIFFONDERSI DELL’INFLUENCER MARKETING HA INDOTTO I MIEI SUPERIORI ALIENI A CHIEDERMI UN RAPPORTO SUGLI “INFLUENZATORI” DI PROFESSIONE.
Chi è l’influencer? Lo definisce il dizionario: “Personaggio di successo, popolare nei social network e in generale molto seguìto dai media, che è in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico.” Non è una influenza da poco. Bloggers, YouTubers, Podcasters e simili hanno solo in Italia un’audience potenziale di 35 milioni di persone che – secondo stime aggiornate – frequentano i social.
Ci sono influencer per tutti i tipi di prodotti, dagli abiti e accessori ai gioielli e ai profumi, dal settore elettronico a quello alimentare. Tra l’orientamento ad uno stile di vita e il più prosaico (e redditizio) “consiglio per l’acquisto”, che vale di più se rivolto a target mirati e firmato da un testimonial famoso e attraente.
A prescindere da chi è, o si finge, influencer per imbrogliare, il problema dell’influenzamento di massa non è certo nuovo. Da sempre grandi scrittori, eminenti scienziati, capi religiosi, leader politici, economisti e commercianti, giornalisti “opinionisti”, hanno cercato di indirizzare le idee e i comportamenti della popolazione o almeno di suoi segmenti.
Con l’avvento dei “media”, particolarmente adatti all’influenzamento delle masse, si è passati all’influenzamento occulto, che si avvale di messaggi espliciti e di altri a livello subliminale, perché nascosti in testi di altro genere (letterari, musicali, sportivi, del tempo libero)
La logica degli influencer attuali è diversa da quella degli “opinion leader”, che avevano spazio su giornali e televisioni, che a loro volta trasmettevano le proposte ai destinatari finali, con poche possibilità di replica. Adesso l’influenzamento avviene in modo diretto, e potenzialmente interattivo, mediante i social e la rete internet.
Un decennio fa Gianroberto Casaleggio, tra i fondatori di un movimento politico di successo, teorizzava il ruolo fondamentale degli influencer in rete: quel 10% di utenti “consapevoli” che plasmano le opinioni del restante 90%. “Pastori” (esperti, o presunti tali) che guidano il “gregge” di inesperti.
I pubblicitari sanno bene quanto è importante sfruttare i social media, e investono tantissimo pagando agli influencer messaggi che colpiscono il potenziale acquirente e lo indirizzano, e condizionano, all’acquisto.
Ho letto che un “suggerimento” pubblicitario fatto da un influencer può valere già 500 euro con poche migliaia di follower, crescendo a 35mila su YouTube per chi ne ha un milione, fino ai 75 mila offerti su TikTok per chi ne ha 5 milioni. Un giro d’affari complessivo stimato in 348 milioni di euro.
Che si pubblicizzino dolci per beneficenza o gioielli e abiti griffati, il mestiere di “marketing influencing” è redditizio, non veicola idee (o ideologie, o credi religiosi) ma fiumi di denaro.
Migliaia e migliaia di seguaci (definiti followers) ascoltano e mettono in pratica quanto viene propagandato da chi ne sa di più, o millanta di saperlo. Se qualcuno, simpatico e famoso, sa la strada per vivere meglio e la indica, perché non seguirlo? Difficile rendersi conto subito se questa guida sia un megalomane che presume di avere la verità, o usa il suo sapere – e saper comunicare – per i propri fini economici.
Chi decide di seguire un influencer, diventandone “follower”, lo fa consapevolmente. Non perché si convince personalmente che quello che si fa seguendo l’influenzamento è giusto e corretto, ma perché “lo dice qualcuno che se ne intende” e di cui “ci si può fidare”.
Più sono numerosi quelli che seguono la guida (quanti sono i followers e quanti “like” si ottengono), più si è fiduciosi che la strada sia giusta.
Ma questo non sempre è vero: i vari “duci” (o “führer”) cui le masse si affidano spesso le conducono in un baratro. Come il celebre “pifferaio di Hamelin”, che prima guidò orde di topi al suicidio di massa, poi attirò dietro di sé i figli di quelli che non volevano ricompensarlo per averli liberati dai topi.
Chi decide di farsi influenzare non si rende conto che viene usato dai tanti pifferai magici per appagare i propri interessi. Come è successo in tristi e tragiche epoche della storia. E come succede nei casi di recente diffusi dalle cronache, a seguito dei quali si stanno mettendo a punto norme più restrittive per controllare l’influencer marketing.
Ma non bastano le norme per ridurre i rischi dell’ingenuo e incontrollato consenso agli interessati suggerimenti di altri.
I miei amici psicologi mi dicono che ci sono tanti studi su come avviene l’influenzamento, e come può agire in modo palese o occulto sulla psiche. Sappiamo bene come genitori, religiosi, opinionisti, politici, pubblicitari, gli stessi psicologi, agiscono per condizionare la mente di altre persone.
Il problema essenziale è approfondire i motivi per cui tanta gente diventa follower. Cioè accetta volontariamente di farsi influenzare da altri sulle strade da percorrere nella propria vita, anziché cercarle in proprio o farsi aiutare da chi è davvero competente.
Conto di cercare questi approfondimenti sulla psicologia del follower, e di raccontarli in un prossimo report ai miei superiori alieni e ai miei uditori terrestri.
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