NEL VOSTRO MONDO SI È DIFFUSA LA TENDENZA A NON USARE TERMINI RITENUTI OFFENSIVI VERSO CERTE CATEGORIE DI PERSONE. VENGONO SOSTITUTI CON ALTRI CONSIDERATI ‘POLITICAMENTE CORRETTI’.

In verità spesso non capisco il senso di questa sostituzione.

Prendo ad esempio diversamente abile che dovrebbe sostituire “disabile”, che a sua volta aveva sostituito “handicappato” o (in tempi più remoti) “deficiente” o “idiota” (ne ho già parlato in passato).

by Vauro

In che senso una persona invalida che sta su una sedia a rotelle, o che ha un grave ritardo mentale, o che non ci sta più con la testa per una grave forma di demenza, ha abilità “diverse”? Certo, può svolgere funzioni elementari o – se il deficit è solo motorio – può svolgere attività sportive, anche eccellenti. Ma tutti sviluppano meglio alcune abilità e meno (o per niente) altre, dunque ognuno è “diversamente abile”…

L’anno scorso la casa produttrice del riso Uncle Bean’s ha cambiato nome e il marchio: un uomo nero con capelli bianchi, che poteva richiamare l’idea della schiavitù. La famosa “salsa zingara” della Knorr è diventata “salsa alla paprika ungherese”, per evitare il termine zingaro ritenuto dispregiativo. Dal prossimo anno nel nome della squadra di football americana di Cleveland Indians sarà sostituito da Guardians.

La persona di servizio diventa colf, la badante è assistente alla persona, lo spazzino si nobilita in operatore ecologico. L’anonimo inglese partner risolve il dilemma tra mariti (o mogli), fidanzati, conviventi… Ciechi  e sordi sono (meglio?) definiti non vedenti e non udenti. Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali sono accomunati dall’acronimo neutrale LGBT che accontenta tutti, anche quelli che ne ignorano il significato.

È vero che “le parole sono pietre” e bisogna stare attenti ai significati che veicolano certi termini. Però molte dizioni ‘politicamente corrette’ sono semplicemente ipocrisie.  E “l’ipocrisia non è un linguaggio di verità” ha ricordato Papa Bergoglio. Perché cambia solo le parole, non la sostanza di ciò che si pensa.

Non è il termine in sé che definisce la scorrettezza di valutazione, ma l’uso che se ne fa. Ogni termine assume connotazioni dispregiative quando è associato alla categoria spregiata cui si applica. Ad esempio, “negro” esprimeva il disprezzo per chi appartiene ad una razza considerata inferiore. Sostituire con “diversamente colorato” nulla toglierebbe a questa considerazione razzista.  

I am not your negro, di Raoul Peck, 2016 (da James Baldwin)

Se la pubblicità ci tiene ad evitare termini come zingaro, o indiano, con ciò stesso ammette (e perpetua) la connotazione negativa di termini che di per sé non hanno ragione di esserlo. E l’uniformità ideologica delle parole non cancella il razzismo e il pregiudizio reale che continua a dilagare nei social e nella vita quotidiana, di chi “corretto politicamente” non è, e non vuole essere.

Questo vale per l’idea negativa che molti continuano ad avere verso per il dis-abile, o qualunque termine si usi per definire una persona che ritengono inferiore agli altri. Dimostrando di essere a loro volta carenti di adeguate abilità cognitive: quindi pure dis-abili, anzi, con termine politicamente scorretto, idioti