LA SETTIMANA SCORSA CI HA REGALATO ANCORA UNA VISIONE DEL MACBETH DI VERDI, MESSO IN SCENA PER LA PRIMA DELLA STAGIONE D’OPERA AL TEATRO ALLA SCALA DI MILANO. E TRASMESSO DAL MEZZO TELEVISIVO AL GRANDE PUBBLICO ITALIANO E MONDIALE.

Ambientazione moderna, come ormai è prassi consueta dei registi contemporanei (ne abbiamo già parlato). Lussuosi palazzi anziché la reggia medievale, foreste che si trasformano in periferie cittadine, re e generali in giacca e cravatta, dame in stola e cortigiani che festeggiano in salotti eleganti, tra spumanti e liquori, telefoni e cercapersone, ascensori che imprigionano i deliri dei protagonisti. Persino streghe in tailleur e foulard, e sicari in abito da sera. Fantasmi che si materializzano e diventano giganteschi murales per spaventare chi ha la coscienza sporca.

Macbeth alla Scala di Milano, dicembre 2021

Ma non è tanto la messa in scena a impressionare, quanto il contenuto in cui la potente musica verdiana traspone gli antichi ma sempre attuali versi di Shakespeare. Ne avevo già parlato in un post precedente, ma questa rappresentazione attualizza il capolavoro letterario e musicale in modo sconvolgente.

Erano presenti in teatro tanti politici, certo avranno rabbrividito alle parole dell’opera, che trasudano falsità, tradimento, odio, sete di potere. Tutte cose a loro ben note, anche se oggi ben mascherate da conflitti partitici e massacri mediatici, virtuali ma non meno feroci.

Alla grandezza aneli, ma sarai tu malvagio?” dice al marito titubante lady Macbeth assetata di potere, pronta ad istillare malvagità al marito e a sostenere le sue ambizioni. Tutto si colora di sangue e di stragi che una volta avviate non possono più avere fine, come in tutti i delitti seriali.

Si comincia da poco, una strana profezia che sa di sogno, anzi da incubo. Ma subito il “confuso cammin che nella mente di seguir disegnava” si fa precisa strategia nella mente del valoroso guerriero che si trasforma presto in assassino. La violenza diventa l’unico mezzo per raggiungere un piacere che sopravanzi le dolorose angosce della vita.

 “Nasca il diletto, muoia il dolor” brinda la criminale lady diventata regina. Illusa… invece avviene proprio il contrario. Non ci sarà più spazio per il piacere in un mondo dominato dall’odio. La implacabile suggeritrice di violenza è travolta dalla follia e alla fine deve ammettere che “una macchia è qui tuttoraE mai pulire queste mani io non saprò?”. Il sangue non sparisce mai e continua a perseguitare chi lo ha versato. “Sfar non puoi la cosa fatta”. Il male compiuto non si può disfare, resta per sempre a perseguitarci.

Dark Lady“Una macchia è qui tutt’ora”

L’omicida usurpatore di regni raggiunta la sua meta criminale si accorge che non può fermarsi, e ad ogni delitto ne deve seguire un altro. “Il sonno per sempre uccidesti” si era detto dopo il primo delitto, e così è stato. La sua mente non avrà più riposo, sino alla distruzione finale. L’omicidio si trasforma in un lento ma inesorabile suicidio. Il tiranno di una “patria oppressa” finirà per provocare, come sempre è avvenuto nella storia, la propria distruzione oltre che quella del proprio sfortunato paese.

Nella folle corsa ai delitti seriali diventa anche lui preda di deliri e allucinazioni e cerca invano conforto nelle streghe: “ch’io sappia il mio destin…” Le forze infernali prima gli rivolgono l’invito a cercare il suo futuro dentro il proprio cuore: “taci, e n’odi le voci segrete”. Ma il dittatore non è più capace di leggere dentro di sé, si aspetta dalle profezie soprannaturali lo svelamento del proprio destino. E le predizioni delle potenze del male lo ingannano ancora. Si realizza quanto il tradito amico Banco aveva previsto fin dall’inizio: “spesso l’empio spirto d’inferno parla, e c’inganna, veraci detti, e ne abbandona poi maledetti su quell’abisso che ci scavò”.  Il male porta altro male, in una spirale che non si ferma se non con la morte.

E del resto, conclude Macbeth nel finale anche per lui tragico, “La vita!… Che importa?… È il racconto d’un povero idiota! Vento e suono che nulla denota!”. È la sconfitta dell’intelligenza, che si trascina dietro l’intera esistenza, propria e degli altri.

L’opera verdiana, come già quella di Shakespeare, è una grande metafora del potere, che da sempre porta con sé delitti. Lo hanno detto in tanti, persino i commentatori televisivi. Ma al di là del potere, è un grande affresco del quadro della vita. La tentazione della violenza, della sopraffazione dell’altro, dell’annullamento della ragione, è sempre presente e sembra la soluzione dell’angoscia esistenziale. In realtà è una soluzione che non solo non riduce l’angoscia, ma la tramuta in follia distruttiva per sé e per gli altri.