QUESTA SETTIMANA PRENDO SPUNTO DALLE PAROLE DI UN ARTISTA, ESPONENTE DI QUELLA AFFASCINANTE CORRENTE CULTURALE CHE FU DEFINITA “SURREALISMO”: RENÉ MAGRITTE.
Magritte è un artista che conosciamo per le sue pitture strane e intriganti, dove la realtà sconfina nella fantasia confondendo l’una e l’altra.
Lo definivano “il tranquillo sabotatore” per la sua capacità di insinuare dubbi sulla realtà. E per il suo illusionismo che trasforma la realtà (presunta) vera in una finzione ‘surreale’, accostando e fondendo dettagli che la ragione si rifiuterebbe di considerare possibili.
Ma non è di Magritte artista che voglio parlare in questo rapporto. Riporto alcune frasi di una sua conferenza tenuta al Museo reale delle belle arti di Anversa nel 1938.
Diceva Magritte: “La antica domanda ‘Chi siamo?’ trova una deludente risposta in questo mondo in cui ci troviamo a vivere. Un mondo che ha la presunzione di essere civile, in cui l’intelligenza e la stupidità, la viltà e l’eroismo, sono di attualità a turno, e si adattano bene reciprocamente. Noi siamo i soggetti di questo mondo incoerente e assurdo in cui per impedire la guerra si producono armi, in cui la scienza si applica a costruire e a distruggere, ad uccidere e a prolungare la vita dei moribondi; in cui l’attività più folle agisce a rovescio… Questo mondo riesce a reggere in qualche modo, ma si vedono già brillare nella notte i segni della rovina imminente”
Imminente davvero, perché meno di un anno dopo la follia prevalente nel mondo e nella stessa scienza avrebbe acceso il secondo conflitto mondiale. Una guerra di sterminio che sconvolse il vostro pianeta spazzando via 62 milioni di persone tra cui 37 milioni di civili. E distrusse per sempre gran parte della fiducia in un certo tipo di “ragione”, in cui questi civili avevano creduto e sperato.
La soluzione del surrealismo, cui Magritte aderiva, era la ricerca di una realtà diversa, in cui razionale e irrazionale, quotidianità e sogno si fondono. Il paradosso è che i regimi di quel tempo consideravano folle e degenerata questa ricerca (ancora oggi ‘surreale’ esprime qualcosa di assurdo e insensato). Mentre era la razionalità dominante a portare allo sfacelo i valori, le speranze e la vita stessa di milioni di persone.
Dovremmo riflettere su questi paradossi della ragionevolezza convenzionale, che può generare altrettanti mostri quanti ne produce – come nei celebri dipinti di Goya e Guttuso – il “sonno della ragione”.
L’umanità ha l’obbligo morale, prima ancora che scientifico e politico, di capire i perversi e misteriosi meccanismi della ragione che può divorare se stessa. Come ha cercato di fare la psicologia sondando le impervie regioni dell’inconscio che generano odio e conflitti irrazionali (ne ho parlato in un precedente rapporto). Come hanno fatto, e continuano a fare, tanti altri scienziati, letterati, artisti. E persino qualche politico “ragionevole”.
Come diceva lo stesso Magritte a conclusione della sua conferenza: “Tutte le cose ignorate che vengono alla luce mi portano a credere che la nostra felicità dipende anch’essa da un enigma associato all’uomo, e che il nostro dovere sia sforzarci di conoscerlo”.
E, dopo avere svelato l’enigma, cercare le forme di una ragione che non crei altrettanti mostri di quando è assente. E non finisca per distruggere se stessa insieme a chi in essa crede e spera.
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