L’OTTO MARZO DI OGNI ANNO, COME SANNO BENE I GIORNALISTI, GOOGLE, E I VENDITORI DI MIMOSE, SI CELEBRA LA GIORNATA DELLA DONNA.
L’anno scorso ho scritto un primo rapporto sull’argomento, che tanto interesse ha suscitato nei miei superiori nel pianeta alieno da cui provengo. Quel primo rapporto era fatto per lo più di citazioni da scrittori, poeti, scienziati. Concludevo promettendo che sarei tornato sull’argomento perché penso che la donna sia il mistero principale della razza umana.
E non è vero che questo mistero viene ricordato solo una volta all’anno, con commenti nei giornali e nei social, regalini, e mimose fresche. Il mistero traspare ogni giorno dalle foto sui quotidiani e sui social. Che però mostrano della donna solo il corpo, ritenendo che sia la parte migliore dell’insieme.
E questo lo sanno bene non solo i giornalisti, i fotografi e i registi, ma tutti quelli che usano i corpi femminili per vestirli, truccarli, abbellirli, renderli sempre più “oggetti di desiderio”. Stilisti ed estetisti, ma anche sfruttatori del sesso e commercianti di pornografia, che però adesso si dedicano sempre più anche ai corpi maschili. La parità dei generi in questo si sta raggiungendo davvero…
Prerogativa che si mantiene prevalentemente riservata alle donne (seppur con crescenti eccezioni) è invece l’uso del corpo come oggetto da conquistare e possedere.
E prerogativa femminile è diventare vittima di violenze fisiche e psicologiche, stupri, stalking (così i terrestri definiscono l’ossessiva ed estenuante persecuzione di un oggetto di desiderio non contraccambiato).
E sempre femminile è il privilegio, ampio e incontestato, di essere addirittura uccise per troppo amore – chiamiamolo così, anche se mai definizione fu tanto inappropriata.
Quando il possesso della donna che si pensa di amare – e magari prima aveva ricambiato – viene rifiutato, allora il presunto possessore non trova di meglio che eliminare fisicamente quel bene che non può più godersi.
E casi del genere ce ne sono quotidianamente, altro che un ricordo una volta l’anno…
Leggo da un quotidiano: “mentre diminuiscono gli omicidi in generale, aumentano gli assassini all’interno della famiglia: vittime soprattutto donne, uomini gli autori … Le donne vengono uccise principalmente in ambito affettivo e familiare (90%) e da parte di partner o ex partner (61%)”
Nel ventennio dal 2000 ad oggi le donne uccise in Italia sono state 3344, oltre 150 l’anno in media, quasi tre alla settimana.
Altra notizia impressionante: “i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale”. Come dire, quasi un terzo delle donne italiane è stata vittima di abuso, da bambina o da adolescente o da partner o da lavoratrice o mentre fa jogging nel parco… impressionante, e vergognoso per un paese civile.
Non è che gli altri paesi siano messi meglio al riguardo, anzi… in tutto il mondo la donna è vittima se riluttante a concedere il proprio corpo, almeno quanto è apprezzata e adorata se consenziente o tollerante.
E, nonostante i centri antiviolenza, le manifestazioni delle “scarpe rosse” o le scritte sulle panchine, temo che ad ogni otto marzo ci ritroveremo a fare le stesse considerazioni.
Questo finché le stesse donne non si renderanno conto che devono unirsi per prendere coscienza del loro valore e lottare per i loro diritti.
Molte lo fanno già da tempo: dai momenti femministi, alle associazioni politiche, alle tante insegnanti, scienziate, artiste, personalità riuscite ad emergere e a diventare famose. Di queste ho parlato in un precedente rapporto.
Sono in tante a dimostrare al mondo quanto valgono le donne non solo col corpo ma anche con la mente e con le capacità. Ma sono ancora troppo poche a fronte di tante donne che subiscono (spesso senza rendersene conto) e sopportano in silenzio la loro inferiorità. E tante, troppe, credono che il sacrificio sia il loro ruolo sociale, geneticamente predeterminato.
Finché, cominciando dall’educazione delle bambine, non si ribalterà questa concezione dell’universo femminile, che purtroppo le donne stesse in larga parte condividono, ogni otto marzo il mondo si ritroverà a ricordare qualcosa che sa più di amarezza che di festa.
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