LA “GIORNATA DELLA MEMORIA” RICORDA OGNI ANNO LO STERMINIO DEGLI EBREI DI OTTANTA ANNI FA. E RICHIAMA ALLA MENTE ANCHE I TANTI
GENOCIDI, SUSSEGUITI NEI SECOLI, CON MILIONI DI MORTI. ARMENI, RUANDESI, CAMBOGIANI, E TANTE ALTRE VITTIME DI “PULIZIA ETNICA”.
E COME DIMENTICARE LE INNUMEREVOLI VITTIME DELLE GUERRE, CITATE NEI LIBRI DI STORIA?
Ad un alieno che legge la storia del vostro pianeta, dai tempi delle clave a quelli degli archibugi fino alle bombe nucleari, sembra che le uniche costanti siano l’odio e la violenza. Sembra che l’impulso a sterminare chi è (o conviene definire) diverso da sé, sia il motore del mondo.
Scrive Umberto Eco nel libro “il cimitero di Praga”: “Ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. L’odio è la vera passione primordiale. È l’amore che è una situazione anomala”.
Erich Fromm, nel suo saggio “Anatomia della distruttività umana” ricorda che l’odio e la sopraffazione violenta sono insite non tanto nella natura umana quanto nell’assetto sociale. Solo con una società diversa si può fare prevalere l’amore e la com-passione: che vuol dire, condividere le passioni con gli altri per creare una convivenza migliore.
Ma chi dovrebbe creare questa società “diversa”?
Le religioni predicano la pace, ma non di rado i religiosi tollerano la guerra. Anzi in qualche caso, hanno promosso “guerre sante”. E c’è chi le promuove ancora, in varie parti del mondo.
I politici sono eletti o nominati per facilitare la convivenza civile e la solidarietà interna ed esterna al proprio popolo. E invece sono quelli che scatenano le guerre e istigano le pulizie etniche.
Scriveva Eugene Ionesco: “I politici cercano di creare un senso di colpa in chi continua a sentirsi solidale con tutta l’umanità”. Non si può negare che questa affermazione risponda alla triste realtà cui nel vostro pianeta siete abituati. Basta ripercorrere la storia politica del vostro mondo fatta di guerre e di stermini, e di fastidio – quando non disprezzo – verso chi predica la pace e la fratellanza.
La politica cerca il conflitto come soluzione dei conflitti, proclamando che i pacifisti sono dei codardi, e che la sicurezza di un popolo si può mantenere solo con le armi. E tutto il mondo pare adattarsi a questa perversa logica.
Eppure il filosofo Aristotele (che pure viveva nell’antica Grecia in cui le guerre e i conflitti non mancavano…) ammoniva che “L’oggetto principale della politica è creare amicizia fra i membri di una città”.
Perché allora i politici anziché cercare di risolvere i conflitti spesso lavorano per favorirli e fomentarli? Perché così seguono e rafforzano la perversa tendenza dell’umanità ad aggredire per paura di essere aggrediti, seguendo quella che sembra una legge naturale: “odia per eliminare il pericolo di chi potrebbe odiarti e sopraffarti”. Gli appartenenti ad un altro ‘partito’ vanno contrastati, messi in condizione di non nuocere, eliminati (metaforicamente o in certi casi fisicamente). I ‘falchi’ devono prevalere sulle ‘colombe’ che cercano la mediazione.
Per ridurre e comporre i conflitti, i politici dovrebbero essere ‘super partes’, al di sopra dei partiti (sia nazionali che internazionali) che si scontrano perché rappresentano ognuno una parte in lotta.
Se così facessero, potrebbero invertire la tendenza all’odio e all’inimicizia.
E seguire i precetti di Aristotele e di Fromm – ma anche di Francesco di Assisi e di Francesco papa – che invitano alla pacificazione e alla non violenza come mezzo per costruire una convivenza più sicura per tutti.
Utopie irrealizzabili? Cose “di un altro mondo”…?
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