HO RILETTO DI RECENTE LE OPERE DI CONAN DOYLE SU SHERLOCK HOLMES, E HO VISTO ALCUNI FILM CHE LE RIPRENDONO. COMPRESA LA SERIE TELEVISIVA INGLESE CHE ATTUALIZZA L’INVESTIGATORE IN UNA FIGURA NEVROTICA E QUASI AUTISTICA NELLA SUA ECCEZIONALITÀ.

In questo rapporto sintetizzo per i miei superiori alieni, e per gli umani che vogliono leggerle, alcune riflessioni sul lavoro di investigazione scientifica oltre che giudiziaria. Infatti mi pare che i due aspetti siano simili, ed usino spesso gli stessi metodi.

Le diverse strategie investigative hanno un elemento comune: la logica deduttiva e la verifica delle ipotesi, comune agli inquirenti e ai ricercatori scientifici.

Non è solo Holmes a usare questa logica: la ritroviamo in Maigret, Padre Brown, Marlowe, Poirot, Nero Wolfe, il tenente Colombo, fino al recente Montalbano.

Certo, nei personaggi creati dalla fantasia di grandi indagatori della psiche, da Simenon a Chesterton, da Chandler ad Agata Christie fino a Camilleri, la strategia investigativa ha sempre successo. E lo stesso capita nelle ricerche scientifiche pubblicate, dove quasi sempre l’ipotesi del ricercatore viene verificata, mentre molti lavori scientifici non vengono divulgati perché non confermavano le attese dei ricercatori.

Come le inchieste su casi difficili che non approdano a nulla, e vengono archiviate o dimenticate. Chissà cosa poteva succedere se quelle ricerche e quelle indagini non riuscite fossero state compiute con altri criteri e altri metodi. Probabilmente in alcuni casi non sarebbe successo nulla di diverso, in altri casi tutto sarebbe cambiato.

Leggendo i risultati delle indagini giudiziarie reali, si trovano tante analogie fra il metodo di ricerca empirica e il metodo investigativo usato da inquirenti e magistrati, alcuni con successo, altri con risultati mediocri o addirittura insignificanti. Come avviene anche nella ricerca scientifica.

Sarebbe essenziale, nel lavoro investigativo come in quello di ricerca, il rispetto delle regole che Holmes illustrava al suo collaboratore Watson.

“La scienza della deduzione e dell’analisi si può acquisire unicamente attraverso lunghi e pazienti studi… È necessario che il ‘ragionatore ideale’ sia in grado di mettere a profitto tutti i fatti di cui è venuto a conoscenza.”

Raccogliere i fatti, confrontarli con le ipotesi, cercare ipotesi alternative se i dati smentiscono quelle cui all’inizio si era affezionati. Secondo Sherlock: “Bisognerebbe sempre cercare una possibile alternativa, ed eliminarla. È la prima regola per un investigatore” …“la tentazione di formulare ipotesi premature sulla base di dati insufficienti è la rovina della nostra professione.”

Certo, fare ricerca o investigazione è attività affascinante ma non semplice né facile, per cui si possono scusare gli errori e le omissioni compiuti in buona fede da chi questa attività la fa per professione.

Ma non si può scusare l’uso di metodi superficiali, o disattenti, o addirittura scorretti o peggio ancora tendenziosi.

Né si possono giustificare quanti – troppi, forse, nel vostro mondo – cedono alla tentazione di divulgare conclusioni non basate su metodi scientifici, per appagare la curiosità di quanti non sanno o non vogliono valutare se ciò che sentono o leggono deriva da una vera ricerca o da uno ‘scoop’.

“Cosa vuole che importino alla massa, la grande massa incapace di osservazione … le sottigliezze dell’analisi e della deduzione!” diceva Holmes a Watson, narratore delle sue investigazioni.

Quanto è vera questa affermazione, leggendo i vostri giornali e ascoltando le vostre televisioni…