IERI HO ASSISTITO AD UNA STRANA VICENDA, CHE VI RACCONTO PERCHÉ MI SEMBRA UN ESEMPIO DI UN MODO DI PENSARE MOLTO DIFFUSO NEL VOSTRO PIANETA.

Aspettavo un bus per andare in centro, ma a causa delle restrizioni degli accessi per il distanziamento sociale, i bus che passavano non avevano posti liberi, e l’autista saltava la fermata. Uno tra i tanti in attesa esasperato urlava all’autista che non si fermava: “tutti abbiamo diritto a salire, cornuto” (offesa che ho scoperto voi usate per definire chi sopporta senza reagire il tradimento del partner).

Finalmente arriva un bus con posti liberi, si ferma e possiamo salire. Alla fermata successiva lo stesso energumeno urla all’autista che continua a fermarsi: “cornuto, perché ti fermi? non vedi che siamo già in tanti, e non deve entrare più nessuno?

Strana logica: quando si è fuori e si vuole entrare si vorrebbero le porte sempre aperte, mentre quando si è dentro si vorrebbero le porte chiuse in modo che nessun altro possa entrare.

Questa vicenda mi ha fatto pensare alla polemica sui ‘numeri chiusi’ per accedere ai corsi di laurea e alle professioni, che vengono sollecitati da quanti nel corso o nella professione sono già entrati e vorrebbero che si chiudessero le porte a nuovi ingressi, potenziali concorrenti nel mercato dei titoli e del lavoro.

Mentre questi lamentano i ‘troppi laureati’ che ingolfano l’offerta di lavoro, invece gli aspiranti contestano gli accessi limitati che ledono il diritto di tutti di realizzare le proprie aspirazioni.

In realtà, è vero che in Italia sono troppi i laureati e i professionisti di certe categorie (avvocati, psicologi, ecc.), ma non è che sono troppi perché all’interno di queste categorie in molti mirano a fare le stesse cose? Che però servono meno rispetto ad altre, di cui c’è carenza, ma che pochi pensano di fare.

Le statistiche dicono che in generale, i laureati in Italia sono meno degli altri paesi, ma in quali settori? Magari in alcuni sono troppi, in altri troppo pochi… Per restare nell’esempio della sindrome del posto sul bus, è come se si pensasse che tutte le linee hanno la stessa richiesta di utenza.

Mi pare che su questo pianeta spesso non sapete (o non volete) differenziare i problemi, che da noi è segno di buon funzionamento.

Nel caso della formazione e del lavoro, il problema è trovare spazi formativi e lavorativi più ampi ma anche più diversificati rispetto a quelli attuali. Quando un territorio è saturo, bloccare del tutto gli accessi è una soluzione facile (come non aprire le porte dei bus se non ci sono posti).

Una soluzione più efficace e corretta per chi è rimasto fuori è tentare di espandere il territorio o aumentare le opportunità al suo interno.

Se gli autobus di una certa linea non hanno più posti, si devono aumentare in quella linea i bus in circolazione, o mettere altre linee per le diverse destinazioni dove i passeggeri devono andare. Non basta continuare a portare solo chi ce l’ha fatta a salire, e lasciare gli altri a terra, alimentando la sindrome del ‘posto’…