PER DIVAGARE DALL’ARGOMENTO DEL CORONAVIRUS CHE RIEMPIE LE GIORNATE CASALINGHE E LE MENTI INDIVIDUALI E COLLETTIVE DI MILIARDI DI TERRESTRI, IL MIO REPORT TRATTA QUESTA SETTIMANA UN ARGOMENTO DIVERSO. LO TRAGGO DALLA VISIONE DEI FILM CON CUI OCCUPO LE MIE GIORNATE DI ALIENO IN QUARANTENA SUL VOSTRO PIANETA.

Dal film Il posto delle fragole di Bergman ho annotato una frase: “I rapporti con il prossimo si limitano per la maggior parte al pettegolezzo e a una critica sterile del suo comportamento”. Frase profondamente vera, non solo per le singole persone, ma per i gruppi sociali, i partiti politici, intere nazioni. Il “prossimo” può essere un parente, il vicino di casa, il compagno di studi, il collega di lavoro, il superiore, ma anche un gruppo etnico diverso, il partito avverso, la nazione confinante o quella lontana.

Accogliere i pettegolezzi e diffonderli a propria volta, soffermarsi sui lati negativi degli altri, delle loro idee e comportamenti, criticare con l’unico scopo di denigrare l’immagine dell’altro, è un gioco facile per tutti: e gli altri, per la verità, spesso ce ne danno motivo e ragione.

Pettegolezzi e dicerie (o i ‘gossip’ che vanno tanto di moda sui vostri social) vengono presi per veri senza accertare la attendibilità della fonte e la veridicità di ciò che viene raccontato, o l’interesse del narratore a denigrare l’oggetto della maldicenza.

Criticare in modo in modo non distruttivo può essere utile a migliorare i comportamenti degli altri, ovviamente se questi altri dal canto loro accettano la critica valutandone la correttezza per mettere in discussione le proprie idee e i propri comportamenti e magari per cambiarli, se la critica li convince.

Questo uso costruttivo della critica è possibile solo se ognuno riesce a “mettersi nei panni dell’altro” cioè ad entrare nella sua logica, comprendere le ragioni e le motivazioni del suo agire criticabile, inquadrare il contesto in cui idee ed azioni nascono e si sviluppano. Si può contestare correttamente e produttivamente l’altro – e proporre di cambiare modo di pensare e di fare – solo se si è capito il perché quel modo è stato attuato. Chi viene criticato, se si sente compreso nelle sue ragioni, è più facilmente indotto a vagliare la critica senza rifiutarla pregiudizialmente e magari aggressivamente se si sente attaccato senza ragione.

Certo, questo non è facile perché, come faceva dire Bergman al personaggio del suo film, il pettegolezzo e la critica sterile fanno parte dello stile di vita acquisito e consolidato. Per cambiarlo bisognerebbe abituarsi fin da bambini, e questo sarebbe uno dei compiti dell’educazione (ammesso che anche gli educatori non abbiano lo stesso stile…)

Jean Dubuffet – Affluence (1961)

Insegnare a vedere le cose anche con gli occhi e con la mente degli altri, da un punto di vista diverso dal proprio, inquadrando tutto ciò che succede nel contesto che può spiegarlo e che è magari molto diverso dal proprio. Capire gli altri è una delle imprese più difficili che gli umani devono svolgere.

Chiudo con la citazione di un altro film, Il buio oltre la siepe, in cui Gregory Peck nel ruolo dell’avvocato Atticus Finch dice: “Non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di vedere le cose anche dal suo punto di vista. Devi cercare di metterti nei suoi panni e andarci a spasso”.

Credo che se in tanti accogliessero questo consiglio, il vostro mondo andrebbe certamente meglio.