Da quando sono sbarcato sul vostro pianeta, la prima cosa che mi ha impressionato è l’uso di telefoni cellulari smartphone ipad e altre tecnologie portatili, nei luoghi più impensati e nel modo più disinvolto e sfrenato.
Tutti parlano con chiunque e di qualunque argomento, spesso urlando e gesticolando come se l’interlocutore fosse davanti a loro. Senza curarsi che altri nei dintorni sono costretti a sentire conversazioni di cui non gli importa nulla.
Ho ascoltato in treno una signora raccontare per telefono ad una amica il modo in cui si organizza per tradire il marito. E uno studente in bus avvertire i colleghi su come fregare il professore agli esami. Notizie esilaranti per me che vengo da un altro pianeta, meno forse per mariti e professori di questo mondo.
C’è chi elenca cosa comprare per cena, chi racconta il film visto la sera prima, chi spiega nei dettagli come fa ad evadere le tasse.
Qualcuno usa auricolari senza filo, e pare che parli e gesticoli da solo, prerogativa che da noi fa pensare a chi non è sano di mente.
Quasi tutti nei mezzi pubblici, mentre camminano per strada, nei locali mentre mangiano, a lezione mentre il docente parla, guardano l’aggeggio che hanno in mano e vi scrivono a grande velocità, chissà a chi e perché.
Apprendono e scambiano notizie, ricevono e trasmettono emozioni positive e (forse più spesso) negative, evidenziate da faccine con strane smorfie che chiamano ‘emoticon’. Giocano e scommettono, insomma vivono una vita parallela con lo strumento che nelle loro mani li mette dovunque in connessione con il resto del mondo.
Mi chiedo, e vi chiedo, se a tutti questi frenetici comunicatori continuamente interconnessi resta abbastanza tempo per vivere una vita reale…
Una curiosità personale, venendo da un altro mondo: mi piacerebbe sapere come si comunicava con gli altri, e cosa si faceva in tram o in treno, prima dell’avvento di queste tecnologie onnipresenti.
Forse c’era spazio, nei momenti di pausa della vita, per pensare – cioè per parlare con se stessi?
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